La colonizzazione greca dell’isola d’Ischia e la Coppa di Nestore

Kylix (coppa) attica con scena di navigazione – Fine VI sec. a.C.

Si e’ molto dibattuto nel corso degli ultimi decenni fra gli studiosi, i ricercatori e col supporto dei reperti archeologici rinvenuti nell’area flegrea e ischitana, su quale fra i due piu’ antichi insediamenti sulle coste tirreniche dell’Italia Meridionale, ossia quelli di Ischia e di Cuma, possa essere considerato come la prima colonia greca d’occidente, soprattutto perche’ le fonti antiche sono spesso contrastanti in tal senso’; lo storico e geografo Strabone, vissuto fra il I sec. a.C. ed il I sec. d.C., nella sua opera piu’ famosa, la Geografia, parlando di Cuma, la definisce infatti “colonia antichissima dei Calcidesi e dei Cumani, la piu’ antica fra quelle di Sicilia e d’Italia”( V, 243), attribuendo ad essa lo status di piu’ antica colonia, mentre il quasi contemporaneo Tito Livio, nell’opera Storia di Roma dalla sua Fondazione (VIII, 22, 5-6), aggiunge un particolare interessante che rende meno certa la paternita’, quando, parlando dei cumani greci che fonderanno poi la Cuma italica, afferma che “in un primo momento sbarcarono a Ischia e nelle Pitecuse, poi si avventurarono a trasferire la loro sede sulla terraferma”.

Quel che e’ certo e’ che in epoca precedente, all’interno delle rotte di navigazione mediterranee, dall’eta’ micenea (XVI-XV sec. a.C.), le coste tirreniche assumono una valenza fondamentale, in quanto costituiscono, per i popoli in cerca delle materie prime e dei metalli dell‘Elba e dell’Etruria in particolare, uno scalo commerciale di primaria importanza; l’isola d’Ischia, per la sua posizione assolutamente strategica in tal senso, diventa pertanto un crocevia di genti, di culture, da quella greca a quella egiziana, a quella fenicia e punico-cartaginese, in grado di accogliere i popoli attraverso le ricchezze derivanti dalle produzioni agricole e dall’abbondanza dell’argilla, fondamentale per la realizzazione del vasellame, dando luogo quindi a quello che i greci chiamavano emporion, ossia luogo di approdo in cui le merci importate venivano scambiate coi prodotti locali.

Isola d’Ischia – Lacco Ameno – Baia di San Montano

Tutto cio’ e’ peraltro ampiamente dimostrato dall’archeologia e dalla scoperta, in piu’ punti dell’isola, di materiali di differenti epoche (a partire dal XVI sec. a.C.) e diversa produzione, vasellame greco-orientale a decorazione geometrica, scarabei e gemme preziose di origine orientale (egiziana in particolare), oltre a piccoli manufatti aurei, che danno l’idea di un preciso contesto geografico in cui si incontravano e convivevano popoli afferenti alle diverse civilta’ del bacino del Mediterraneo, la qual cosa, se non fosse stata adeguatamente approfondita, avrebbe confermato il carattere non specifico di colonia dell’antica Pithecusa (il cui significato dal greco antico e’ letteralmente L’ Isola delle scimmie)a tutto vantaggio di Cuma; a rimettere in discussione l’acquisizione di questa tesi ci penso’ l’archeologo italo-tedesco Giorgio Buchner il quale, a partire dal 1952 e nelle successive campagne di scavo portate avanti fino alla meta’ degli anni Ottanta del secolo scorso, nella valle di San Montano, presso il comune di Lacco Ameno, nella zona nord occidentale dell’isola, scopri’ i resti di una vastissima necropoli oltre a tracce di fortificazione, ai resti di un tempio e di officine per la lavorazione di metalli, databili a partire dal primo quarto dell’VIII sec. a.C. .

La scoperta in pratica non fece altro che cominciare a dichiarare apertamente quello che gli autori antichi nei loro testi si erano limitati a sussurrare, ossia che, abbinando la datazione dei materiali rinvenuti nelle necropoli ai resti degli edifici scoperti, che con ogni probabilita’ caratterizzavano un impianto urbano ben definito, puo’ essere ipotizzata una presenza coloniale greca nell’isola ed in particolare nell’area di San Montano e di Monte di Vico, a partire dal primo quarto dell’VIII sec. a.C., quindi all’incirca 50 anni prima della fondazione di Cuma (730 – 725 a.C.); in virtu’ di questa ipotesi ormai abbastanza consolidata e, dal momento che calcidesi (da Calcide, cittadina dell’ isola greca dell’Eubea) erano i coloni fondatori sia di Ischia che di Cuma, si puo’ anche ragionevolmente dedurre come coloni di Calcide si fossero stabiliti sull’isola, avendola ormai conosciuta secoli addietro attraverso gli scambi commerciali, e poi in un periodo successivo parte di essi migrarono sulla terraferma.

Ischia – La Coppa di Nestore – VIII sec. a.C. – Museo di Villa Arbusto

Si e’ fatto accenno in precedenza alle necropoli scoperte nel territorio di Lacco Ameno dalla fine degli anni ’50 del secolo scorso e all’incredibile numero di materiali rinvenuti, costituiti soprattutto da cocci di anfore ed oggetti in metallo, oltre ai resti di tegole pertinenti agli edifici funerari; in una di queste necropoli, rintracciate nello scavo della valle di San Montano, tra l’ottobre del 1954 ed il marzo 1955, Giorgio Buchner scopri’ all’interno di una tomba i resti successivamente ricomposti di una kotyle, ossia una coppa dalla quale si beveva il vino, del diametro di 10 cm., prodotta con ogni probabilita’ sull’isola di Rodi ed importata ad Ischia, databile alla seconda meta’ dell’ VIII sec. a.C., decorata con motivi geometrici e con una incredibile particolarita’, ovvero le evidenti e in gran parte leggibili tracce di scrittura incise su di essa, realizzate in alfabeto greco – euboico e secondo il sistema metrico di tipo fenicio, la cui lettura procede da destra verso sinistra.

Le lettere presenti sulla coppa compongono una iscrizione metrica di tre versi che recitano cosi’: “Di Nestore io sono la coppa, da cui si beve bene, e chi beva da questa coppa, subito lui prendera’ il desiderio di Afrodite dalla bella corona”.

L’iscrizione, oltre ad essere riconosciuta come una tra le piu’ antiche (se non la piu’ antica) testimonianze di scrittura alfabetica greca finora note, rappresenta certamente il primo esempio di poesia simposiale greca, che tendeva ad esaltare il perfetto connubio tra il vino e la pratica connessa al suo consumo con l’elemento erotico-dionisiaco; nella prima parte viene chiaramente esplicitato il suo possesso ad un tal Nestore, associato in un primo momento allo stesso ricordato da Omero nell’Iliade (11, 632-637), mitico Re di Pilo e proprietario di una sontuosa coppa borchiata d’oro dalle sontuose dimensioni, mentre teorie piu’ recenti e maggiormente accreditate vedono nel Nestore della coppa semplicemente il padre o la persona stessa seppellita assieme al preziosissimo manufatto.

Ischia – Il cosiddetto cratere del Naufragio – VIII sec. a.C. – Museo di Villa Arbusto

La tomba in cui fu ritrovata la coppa apparteneva infatti ad un fanciullo di eta’ compresa fra i 12 ed i 14 anni, certamente membro di una famiglia aristocratica, cio’ si evince sia dal ricchissimo corredo funerario che lo accompagnava (ben 27 reperti ceramici, fra cui 4 crateri), sia dal tipo di sepoltura; il corpo del fanciullo infatti era stato sottoposto a cremazione, come abitualmente avveniva per i membri delle famiglie piu’ ricche in seno alla comunita’, motivo per il quale e’ ragionevole pensare che, nel caso fosse davvero lui il Nestore citato, la coppa rappresenti il dono estremo a lui offerto allo scopo di fargli vivere almeno simbolicamente le gioie del vino e dell’amore, delle quali era stato privato dalla prematura morte.

La coppa di Nestore peraltro non e’ la sola testimonianza vascolare di eta’ arcaica che si puo’ ammirare nel Museo Archeologico di Villa Arbusto, sempre nel comune di Lacco Ameno; qui infatti, fra una miriade di vasi, coppe, crateri ed altre produzioni ceramiche, fa bella mostra di se’ un altro gioiello, un cratere di produzione locale, ritrovato in frammenti e anch’esso successivamente ricomposto, risalente alla fine dell’VIII sec. a.C., noto come Cratere del Naufragio, nel quale viene chiaramente descritta la scena di un naufragio attraverso la raffigurazione di una nave capovolta e di marinai che cercano scampo nuotando con alterne fortune tra i pesci, che rappresenta uno dei piu’ antichi esempi di decorazione di vasi con scene figurate, e non solo con motivi geometrici.

Pubblicato da Camillo Sorrentino

Ha conseguito una Laurea Magistrale in Archeologia e Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli" nell'ottobre del 2023, ed in precedenza una Laurea Triennale in Scienze dei Beni Culturali presso l'Università degli Studi di Salerno nel 2002. Dal 2018 e' Guida Turistica ed Accompagnatore Turistico, ha collaborato e collabora con diverse testate giornalistiche culturali on-line.

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